La levità delle
tinte e la
consistenza
della materia
pittorica stese
sulle tela da
Anna Salvati
nelle opere
esposte fino al
30 settembre al
centro d’arte “
La Bitta” di
Roma,
rappresentano
magicamente il
carattere, lo
spirito e la
peculiarità
pittorica di
questa singolare
artista. I
mutamenti nel
corso
dell’esistenza
portano sovente
con sé la
conseguente
motivazione che
fa emergere il
profondo ed
apparire anche
quello che un
ancestrale
pudore impone di
nascondere. Anna
ha raggiunto
quella maturità
che la fa
esprimere senza
reticenze
lasciando libero
sfogo ai
sentimenti
tramite quell’educazione
alla pittura ed
al segno che
finora rimaneva
se non nascosto
almeno alla
stregua di
suggerimento.
Ella ormai è
capace di
cogliere il
bello e il nuovo
libera da ogni
convenzione o
assurda
costrizione.
L’amore per
l’arte, la
naturale
facilità di
segno che sa
tradurre in
potente disegno,
l’hanno indotta
a liberare
l’empito poetico
della sua
immaginazione
corroborata
dalla sua
delicata anima
artistica.
Non piu’ pittura
di ritorno ma
prepotente
creatività. Le
camere oscure
che custodivano
l’esplosione
della retina si
sono spalancate
ad uno sguardo
che, partendo
dal cuore, si
realizza nella
mente e prende
corpo nella
trasposizione
sulla tela.
La metamorfosi
conseguente alla
conquista di sé
si è proiettata
nella
composizione di
un mondo che,
nato dall’amore
per la natura,
si trasforma in
luce trasfusa
dal sentimento
infocato che
dentro le
ribolle. Il
dialogo
incessante fra
materia e
spirito,
filtrato dalle
vicissitudini
della vita,
rende efficaci
quelle
manifestazioni
pittoriche che
infrangono
l’oggettività
per elevarsi a
paradigmi di
amore,
sensibilità,
spesso
sensualità,
decantate dalla
presenza di una
fede vissuta, di
sentimenti
incandescenti e
di una
trascendente
integrità morale
ed umana. Sopito
ogni conflitto,
sa trasfigurare
la materia
immedesimandosi
in essa con la
forza della
sublimazione.
Anna Salvati non
è mai estranea
al soggetto che
dipinge.
Manipolatrice
sapiente del
colore e
cultrice
sofisticata del
segno, sa
interpretare in
modo eccellente
le Fontane di
Roma
sbizzarrendosi
in
sovrapposizioni
talmente
efficaci da
trasformare il
marmo in una
carnalità così
provocante che
sembra
abbracciare
quella pietra,
donando altra
vita anche alla
materia inerte.
Ne risulta un
irrompere
dell’immaginario
nella percezione
sensoriale che
viene irrorato
dalla vertigine
liberatoria che
scaturisce,
immediata, dalla
cosciente
supremazia sull’
inconscio che è
divenuta
incontestabile
sigla referente
del suo
dipingere. In
tali Fontane
spesso il fatto
plastico
trascende quello
pittorico che
predomina invece
laddove
l’artista
scioglie il suo
canto al colore
quale
espressione
sonora del suo
delicato, e
tutto femmineo,
sentire.
Ella si immerge
in un panteismo
romantico ove
tutto è vitale;
umano e librato
nell’empireo
dell’amore. Il
creato possiede
un’anima che in
quei paesaggi
tanto
abbacinanti
quanto
subliminali
dialoga con
l’uomo
rivestendosi di
quei sentimenti
che sono
peculiari della
natura umana.
Avviene allora
che la sua
personalità si
può sentire
parte viva in un
gioco di
corresponsione
di dare ed avere
fino a
costituire
un’entità in
scindibile che
si identifica in
una intima
partecipazione
al progetto
creatore.
Così in “ Alba a
Kabini River”
appare una luce
diafana che
lievita la terra
a mò di aquilone
di cui Anna
regge saldamente
il filo e
trattiene per
trasmettere i
suoi sogni. In “
Rosa Alba” la
visione è incisa
da delicatissime
volute che
impreziosiscono
l’onda alla
foggia di un
nobilitato Ertè.
In “ Giochi
d’acqua ” la
forza del segno
inturgidisce le
tinte irrorate
da perle
luminescenti che
formano le note
di un solenne
spartito
musicale. I
raggi del sole
rappresi nel
colore
dell’acqua
adornano di
diamanti e
lapislazzuli
l’opera.
“Ondeggiando
sulla cresta
delle onde “ e
il “ Tritone”
della Fontana
omonima,
cosparge di
sogni colorati
l’atmosfera di
una suggestiva
Roma notturna.
Che fanno quei
pinguini
virtuali di “
Bianco polare”
in un oceano
ghiacciato entro
il quale rugge
il magma rovente
di un cuore che
conosce le
ambasce piu’
cocenti ed ha
trovato giusto
rifugio nelle
Fede? La
vocazione
all’ignoto di un
nuovo Ulisse
conduce “ Il
catamarano” in
lesta e continua
progressione
verso quell’isola
di Afrodite che
sorge in un mare
di cobalto,
raffigurata dal
turgore di un
procace seno il
cui capezzolo,
rorido di arcane
promesse, si
staglia
irresistibilmente
nel cielo della
passione.
Questa pittura è
tutta una
trasfigurazione
della materia in
un
pensiero-sentimento
che usa
l’incantesimo
delle tinte per
sublimarsi in
accenti che se
sprigionano
erotismo ne
purificano anche
la carnalità per
assumere la
valenza di
sorgente di
vita. Il limite
Spazio-Tempo
viene traslato
in metafore
suasive di
percorsi
naturali ai
quali si avverte
presiedere una
visione
esistenziale
cosciente
dell’eterno
femminino
idealizzato però
da un pensiero
profondamente
catartico che si
immedesima
nell’alto
concetto
rinascimentale
ed umanistico
che definisce la
donna nella
sublime
astrazione di
“madonna”.
Gianni
Franceschetti |