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Tommaso Rossini |
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Nato a Roma nel 1933, pittore e scultore, ha il suo studio in Roma. Dopo il Liceo Artistico, si specializza in cartellonismo cinematografico presso il CIAC. Interviene come “freelance” nel campo grafico, elaborando il concetto di fare arte con originalità, quella originalità che non segue osservazioni ed esperienze altrui seppure osservate e confrontate. Dagli anni 60 ai 70 collabora con alcune agenzie di pubblicità non dimenticando però di essere soprattutto un artista. Dal 1971 al 1992 svolge il ruolo di Art Director presso un’importante Istituto di Credito , con la responsabilità dell'immagine e della comunicazione interna ed esterna dell'Istituto e delle sue controllate. E' stato presente in diverse rassegne d’arte in Italia e all’estero. Ha ricevuto premi e riconoscimenti. E’ presente in collezioni private in Italia e all’estero. |
"Arte del fare"
L'universo
poetico di Tommaso Rossini
L'universo
di Rossini è un universo poetico che si presenta dominato da due distinte
e potenti matrici di suggestione: una colta e formale, appartenente al
repertorio tecnico-storico della pittura; l'altra, invece, istintiva,
fantasticante, radicata nel mite turgore della nostalgia e nell'ambiguità
dell'esperienza biografica.La prima matrice richiama la lezione di Joan Mirò,
l'eredità di certo astrattismo italiano prossimo al modello di Osvaldo
Licini, la complessa ed esigente geometria cubista; e lascia sovente
affacciare sullo sfondo, quasi come un nume tutelare che si riproduca in
infinite specificazioni e varianti figurative, l'irrequieto Senecio
di Paul Klee. La seconda matrice, al contrario, ha origine nel recupero
dell'emozione infantile, nel deposito dell'arte povera da cui trabocca il
ricordo di arcaici giocattoli, di cordiali pupazzi, di saporose
illustrazioni che hanno ora le fattezze canoniche del carabiniere o del
Pinocchio di legno e ora, invece, attingono all'ingenuità perentoria e
fiabesca che anima i vecchi soldatini di carta e i fumetti avventurosi del
passato. Nascono così i suoi deliziosi, calligrafici"interni di
famiglia" tessuti di tinte dolciastre, che sembrano additare ( e
satireggiare con bonomia) il topos arcaico del salotto e del suo
affettato chiacchiericcio perbenista; o i suoi vibranti suonatori di
sassofono o di tromba, invasi dalle esaltate sequenze cromatiche del jazz;
o,ancora, nascosti nei paludamenti di una ingegnosa enigmistica figurale,
i profili dei grandi pittori, da Picasso a Van Gogh; silhouettes,
anch'essi, di un'eccitata collezione decorativa entro la quale Rossini
rifugia il proprio intimo, sconfortato sentimento del mondo, come in un
febbrile, segreto simulacro il cui percorso ammetta alla consolazione del
ricordo, al piacere libero dell'immaginario e alla concretezza appagante
dell'evocazione. Bruno Traversetti |
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